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Scacchi e psicologia

Nel celebre saggio di Reuben Fine "La psicologia del giocatore di scacchi" (pubblicato in Italia da Adelphi) viene messo in evidenza come gli scacchi siano molto di più di un semplice passatempo, coinvolgendo in maniera complessa la mente e l'io delle persone che vi si dedicano. Reuben Fine dapprima offre una caratterizzazione psicologica generale sugli scacchi e su chi vi ci si dedica per poi andare ad analizzare in concreto le personalità ed i comportamenti di otto campioni del mondo, tra cui Bobby Fischer. E' celebre la sua classificazione di questi campioni in "eroi" (quelli per cui gli scacchi erano semplicemente la vita) ed "anti-eroi" (quelli per cui gli scacchi sono stati uno dei loro campi di interesse e successo).

Ecco alcune interessanti affermazioni di carattere generale riprese da questo saggio:

- Qualche spiritoso ha detto che gli scacchi sono troppo difficili per essere un gioco e troppo facili per essere una scienza. Il piacere che se ne trae è, in realtà, maggiore di quello che si ottiene da altri passatempi, e si potrebbe senz'altro dire che gli scacchi sono molto più vicini degli altri giochi all'arte e alla scienza.

- Gli scacchi sono una gara tra due uomini che implica un considerevole coinvolgimento dell'io da parte di entrambi. In qualche modo ha certamente a che fare con i conflitti riguardanti l'aggressività, l'omosessualità, la masturbazione, il narcisismo.

- Il procedimento per l'individuazione della mossa giusta può essere paragonato a quello della ricerca scientifica, nella quale si sottopongono al vaglio del metodo sperimentale le varie ipotesi. C'è però una differenza fondamentale: il giocatore di scacchi può mettere alla prova le proprie ipotesi solo mentalmente, una volta arrivato alla decisione deve mettere tutto sul piatto della bilancia. Si trova dunque in uno stato di tensione molto maggiore del ricercatore, per esempio, di chimica, che può dapprima seguire una sua idea e poi, se questa non dà il risultato sperato, sperimentarne un'altra.

- Nel giocatore di scacchi esiste un netto contrasto tra l'incertezza febbrile e intensa concentrazione quando deve muovere e le oziose divagazioni quando la mossa tocca all'avversario. Tutto questo in uno stato di tensione permanente. Non c'è quindi da meravigliarsi che molti giocatori si lamentino che il gioco degli scacchi li rende 'nervosi', e molti smettono di giocare perché giudicano insopportabile questa tensione.

- Negli scacchi quattro aspetti dell'intelligenza sembrano predominanti sugli altri: la memoria, la visualizzazione, l'organizzazione e l'immaginazione.

- Mentre da un lato l'io del giocatore reprime e intellettualizza la propria aggressività (negli scacchi non vengono scambiati colpi ne reali ne simulati), dall'altro questa trova nel gioco stesso una certa dose di gratificazione. Non ci si aspetterà quindi che il giocatore di scacchi sia un tipo psicologico passivo-dipendente. Anzi, saprà trovare numerosi sbocchi alla propria aggressività, e tali sbocchi saranno anch'essi secondo linee di comportamento socialmente accettabili. Se ne può dedurre che gli esperti di scacchi potranno aver successo anche in altri campi, come infatti succede.

- Poiché nel gioco degli scacchi non esiste il minimo elemento di casualità, la vittoria è il risultato dei propri meriti e la sconfitta dei propri errori.

- Per giocare agli scacchi è necessario aver raggiunto un certo livello di sviluppo intellettuale. È difficile per un bambino che ha meno di otto anni avere un'abilità sufficiente da provare piacere giocando, e di solito si raggiunge questo livello soltanto verso i dieci anni.

- L'emozione che si trae dal superare il proprio antagonista è spesso altrettanto grande di quella ricavata da un buon voto a scuola o da una promozione sul lavoro. Finché i progressi continuano, la passione del giocatore rimane costante. Prima o poi però egli raggiunge un certo livello e lì si stabilizza, incapace, per una ragione o per l'altra, di progredire ulteriormente. A questo punto molte persone perdono interesse, diminuiscono il tempo consacrato al gioco oppure l'abbandonano del tutto.